L’attuale edificio che noi vediamo è l’ampliamento di quello eretto probabilmente dopo la peste del 1478. Fu consacrato dal Vescovo di Trento Gabriele Alessandrino nel novembre 1585. La decisione di ingrandire la chiesa esistente è documentata nell’archivio comunale:
“Copia dell’istituzione del voto al Santo Rocho ad perpetua sua memoria” (Bazano Notaro 1577), dove di legge “… aslongar dalla banda verso sera la geisa di Santo Rocho nostro tanto come ella è dalli scalini del coro in fuora …”.
La superficie affrescata attorno all’arcata del presbiterio ci dà l’idea della sezione interna della primitiva chiesa. La costruzione fu affidata nel 1578 a “Magistro Comino da Sabbio”. Il campanile venne ultimato il 15 agosto 1565 dal comasco Cristoforo di Osten, ma quasi certamente la chiesa aveva già nel 1519 un suo campanile.
L’esterno
La costruzione è scandita sui fianchi da lesene e contrafforti degli arconi interni e impreziosita da una decorazione a motivi geometrici curvilinei, eseguita a graffito. Alla facciata a capanna fu aggiunto alla fine del secolo scorso un porticato in forme neogotiche (il cui autore è forse Carlo Zanetti).
L’interno
L’unica grande navata è coperta da una falsa volta di un pesante colore azzurro, realizzata in forme goticizzanti agli inizi degli anni venti. Nasconde completamente l’originaria copertura a vista costituita da un semplice assito fissato a travi di legno poste tra gli arconi trasversali a sesto acuto, struttura portante dell’edificio.
Il presbiterio
È l’unica parte conservata dalla precedente chiesa e racchiude un importante ciclo di affreschi che G. Pietro Da Cemmo (1454?- 1507?) eseguì tra il 1483 (Angelo dell’annunciazione) e il 1486 (Sibilla Delfica) ed è considerato il capolavoro della maturità del pittore camuno. Senza dubbio è la più rinascimentale tra le opere del Da Cemmo anche se vi permangono alcuni elementi di gusto gotico d’oltralpe. È evidente che il pittore ebbe modo di conoscere l’opera di Mantegna, Masaccio, Pisanello e Cosmè Tura. Il confronto tra le durezze delle sibille di Bienno in Valle Camonica (chiesa di Santa Maria) e la raffinata eleganza di quelle raffigurate nel ciclo di Bagolino, ci dà la misura della dimensione rinascimentale qui raggiunta. Ognuna di esse esprime una definita personalità, mentre gli abiti sono un’affascinante passerella di costumi che spazia da quello di foggia nordica della Sibilla Europa, con lo “hennin”, a quello decisamente fiorentino della Sibilla Cumana.
Nell’angelo dell’annunciante, derivato da quello del Foppa nella Cappella Portinari (Basilica si S. Eustorgio a Milano) si ritrova la possenza delle figure masaccesche che per contrasto mettono in risalto la delicata figura della Madonna che ricorda le esili figure femminili che Pisanello affrescò nel palazzo ducale di Mantova. A sottolineare questa differenza concorrono le architetture a contorno dei due protagonisti dell’annunciazione: un loggiato rinascimentale per l’angelo e un interno tipicamente nordico per la Vergine.
Nella Crocifissione, di indiscutibile derivazione mantegnesca (Predella della Pala di San Zeno), la parete di fondo del presbiterio appare divisa in due zone: la parte alta con le tre croci è immersa in un’atmosfera silenziosa e immobile dove anche le grandi bandiere, sebbene gonfie, denunciano l’immobilità dell’aria nel momento sublime del sacrificio salvifico di Cristo. Ai piedi della croce, al contrario, vi è una folla di personaggi: un vero mare di teste e corpi in movimento che fa da sfondo a Maria svenuta, sorretta da due donne, la Maddalena drammaticamente abbracciata alla croce e l’apostolo Giovanni che scarica la disperazione nella tensione delle braccia e nell’intreccio convulso delle mani.
La capacità del pittore di donare ai propri personaggi una caratterizzante personalità è evidentissima nell’uso di particolarissimi effetti cromatici: il grande dolore di Maria, avvolta in un manto nero, è marcato dall’abbraccio delle pie donne vestite con abiti dalle vivaci tonalità rosse e gialle.