L’origine del complesso agricolo-monastico di San Giacomo in Caselle (sec IX/X) si deve ai Benedettini del monastero di San Pietro in Monte di Serle, impegnati nella bonifica della Piana del Caffaro (Pian d’Oneda). Con ogni probabilità ebbero in dono la zona paludosa da re longobardi o franchi.
Nel 1451 Bagolino acquisì definitivamente il Pian d’Oneda cedendo in cambio una casa di sua proprietà a Brescia. Il possesso delle aree bonificate e i presunti diritti di tipo feudale vantati sulla comunità di Bagolino furono la causa di quattro secoli di interminabili controversie e lotte, anche sanguinose, tra il paese e i Conti di Lodrone (Vassalli del Vescovo di Trento). Tali rivalità ebbero fine nel 1753 con il trattato di Rovereto.
La chiesa è dedicata a San Giacomo maggore, protettore dei pellegrini: quasi certamente vi era annesso all’edificio un ospizio per viandanti.
Attorno sorsero capanne e piccole case per gli operai che con i monaci lavoravano alla bonifica della zona; da qui nacque il nome dato al complesso: S. Giacomo “in caselle”.
L’esterno
L’edificio che oggi possiamo vedere ha subito modifiche nel corso dei secoli: si è arricchito di un pronao affrescato e l’abside e le finestre hanno preso un’impronta seicentesca.
La semplicissima facciata a capanna è caratterizzata dalle tre aperture ad arco poste alla base e dalle due finestre sopra gli archi laterali che conferiscono all’edificio l’aspetto di una comune casa.
I pilastri e parte della facciata mostrano tracce di decorazioni pittoriche.
Interessanti per il carattere popolare, congiunto a una certa eleganza compositiva, sono gli affreschi secenteschi del porticato.
L’interno
Le travature del tetto, sorrette da due arconi trasversali a sesto acuto, conferiscono all’unica navata un’austerità francescana.
Sotto l’imbiancatura delle pareti si intravedono tracce di affreschi.
Pittorica è la zona circostante la chiesa con dei begli scorci sul lago d’Idro.